domenica 20 dicembre 2015

Invenzioni 1: il silenziatore assoluto

Trovo sul web 

So che due suoni puri controfase si cancellano, ma è davvero possibile in pratica cancellare un rumore irradiandone uno uguale controfase?

È possibile, ed il meccanismo è alla base del cosiddetto isolamento attivo. Esso si applica sia all'isolamento acustico, sia per l'isolamento dalle vibrazioni di macchine o strutture.
In entrambi i casi un microfono rileva il segnale, ed attiva un opportuno attuatore, che genera lo stesso segnale, ma con fase invertita. Per il principio di sovrapposizione la somma algebrica dei due segnali deve essere nulla. Nella pratica è piuttosto semplice applicare la tecnica all'interno di un piccolo spazio, come una cuffia acustica, e migliorarne molto le proprietà isolanti. Riguardo alle vibrazioni nelle strutture il caso più frequente è che si vogliano isolare particolari bande di frequenze particolarmente moleste, o dannose per la struttura stessa.


Se annullare un suono, emettendo in tempo reale segnali sonori con la fase invertita, è cosa facile, non è ora di inventare una applicazione che, riconoscendo con un campione registrato le frequenze dell'abbaiare del cane (o del rumore del traffico, del martello pneumatico...) una volta attivato, emettendo suoni in controfase elimini i rumori molesti? 

C'è evidentemente la concreta possibilità di creare oggi un dispositivo che ci permetta di passeggiare in una bolla di silenzio, di leggere al bar del centro come se si fosse in biblioteca e, in sintesi, di "pulire" la nostra colonna sonora quotidiana, eliminando le frequenze disturbanti. Il pianto del bambino smetterà di ferire le nostre orecchie, ma ci sembrerà al più un espressivo film muto e chissà che non si possa applicare a suoceri e capiufficio. 

Con questa invenzione si potrà considerare infine risolto il problema dei rumori notturni: le feste potranno durare fino all'alba e i musicisti provare sotto la luna.

Regalo volentieri questa intuizione a volenterosi inventori. In caso di successo si accettano donazioni.

















lunedì 24 agosto 2015

disegni 2: cappuccetto rosso

personaggi e interpreti
cappuccetto rosso








la mamma








la nonna








il cacciatore








il lupo








il bosco: l'avvistamento








il bosco: la casa della nonna








che lingua grande che hai!

tecnica mista (1988-89)




disegno 1

Ad un tuttologo quale io sono, non poteva mancare una quasi attività pittorica, di cui dò qui pubblica esibizione.
Serifos   2009 (tecnica mista)

giovedì 25 giugno 2015

La scomparsa della sorca


La morte di Remo ha suscitato l'attenzione sulla sua arte da parte di molti mezzi di comunicazione, e questo mi fa piacere.
Di lui si son dette cose belle, non tutte esatte, ma sono dettagli.
In tutte c'è però una grande assente: la sorca.
Nessuno ne parla, nessuno cioè proferisce parola su quella che è stata l'ossessiva ispirazione degli ultimi lavori di Remo.
Ora, sono convinto che molti, omettendo di dare conto di questa così ingombrante presenza, hanno creduto di porgere, come si usa, il dovuto rispetto ai defunti per non creare polemiche ed imbarazzi intorno ad un personaggio così recentemente scomparso. Sono altrettanto convinto che gli stessi hanno pensato che avrebbero fatto torto a Remo, parlando della sua fissazione per la sorca.             Ma si sbagliano.

Parlando di sorca, Remo ha dato una voce, un volto ed una maschera al desiderio maschile, quello che abita le chiacchiere delle cucine di ristorante, le centinaia di film porno ed in definitiva la mente degli ominidi di sesso maschile.
In altri tempi Pietro l'Aretino, i grandi scrittori libertini, le odi dialettali in versi come la calabrese "Cunneide" di Donnu Pantu o i sonetti osceni del Belli (Remo li recitava a memoria), hanno dato spazio all'espressione dell'immaginario erotico maschile.

Oggi questo spazio è tristemente vuoto.

Le maschere, così come le intendo io qui, sono la cristallizzazione dei caratteri archetipici, quelli che ci parlano dell'avaro, del credulone, del furbo, del vecchio brontolone e così facendo hanno strutturato il nostro modo di raccontare, dalle Atellane fino ai giorni nostri.

Remo Remotti ha creato ed indossato con vigore ed intelligenza questa maschera che mancava, parlando dell'amore per il femminile con una sincerità ed energia straordinarie.
Ma non è solo la sincerità la cifra dell'espressione di Remo sulla sorca. Chi ha orecchie per intendere, scoprirà presto che niente di quello che Remo dice è casuale e che dietro le rime baciate delle sue filastrocche sulla fregna, c'è una cultura profonda che spazia dalla letteratura alla psicoanalisi, dalla spiritualità alla filosofia ed alla storia. Senza contare la sua vastissima esperienza in materia ed insaziabile curiosità.

Cari giornalisti, credo abbiate perso un occasione per mostravi vivi e dare, nel riammettere il desiderio di sorca nel discorso pubblico, il dovuto tributo al lavoro di Remo che ha cercato di allargare i confini della cultura, proponendoci quella libera, in cui si può ascoltare tutto e di tutto parlare.
I monologhi di Remo sulla sorca erano perturbanti, anche per me. Penso che questo sia un segno della grandezza di Remo. Avrebbe potuto essere banale, volgare, noioso, infantile. Non era niente di tutto questo, era disturbante ed è proprietà massima dell'arte quella di essere perturbante.

Ecco, io li vedo così, Arlecchino, Pulcinella, Totò, Otello, Maccus e Pappus, e tra loro, che ride e scherza come solo lui, Remo, questa grande maschera moderna.

martedì 23 giugno 2015

PENSANDO A REMO REMOTTI

Non avrei pensato che a più di 50 anni mi fosse ancora possibile fare un incontro  in grado di  cambiare qualcosa dentro di me. L'incontro con Remo è stato anche questo.
La prima volta che ci siamo visti, a casa sua, nel febbraio di 2 anni fa, ho suonato al campanello di via Livorno, a Roma con qualche timore; avevo già visto Remo un paio di volte, una al bar in cui prendevo i moltissimi caffè che spezzavano il lavoro di studio ed un'altra ad una festa in cui ero capitato quasi per caso, che, tra l'altro, festeggiava il suo compleanno. Sapevo poco o niente di lui, ma l'impressione che avevo tratto da quest'uomo sgargiante e dall'età indefinibile, era di una personalità ingestibile, un uomo dal linguaggio pesante, da cui ti potevi aspettare ogni sorta di approccio relazionale, di quelli che ti mettono in difficoltà. Per questo quando andai a trovarlo in quel tardo inverno nel 2013, ero timoroso. chissà che mi dirà, magari mi prende a parolacce cacciandomi via.  Facevo male a preoccuparmi, Remo è solo di una sincerità disarmante, e se si era disarmati ed altrettanto sinceri con Remo si poteva solo avere un magnifico rapporto di franchezza e scambio e - con un po' di fortuna - di amicizia. Devo aggiungere che avevo qualche dubbio sulla sua opera, pensando fosse un po' furbo nel suo uso di un linguaggio esplicito, nella sua "ode alla sorca" che gli aveva dato notorietà, un narcisista in cerca di riflettori, uno da smascherare: insomma mi portavo dietro una gerla di pregiudizi.
Poi è cominciata la conoscenza, e l'ammirazione che mi conquistava cedeva ogni giorno il passo all'amicizia per quest'uomo : mi diceva - scherzando come con i suoi amici, "tu sei un fijo de 'na mignotta, tu sei frocio"; in un certo senso aveva ragione perchè il mio sentimento nei suoi confronti è stato animato da una tenerezza amorosa; poi la sua grandezza...



Un giorno, giravamo in un teatro dove Remo stava recitando per il documentario alcuni dei suoi monologhi; ad un certo punto, seccato dalle mie continue indicazioni sbottò, urlando "io sono un genio!"
Ci ho messo un po' a capirlo, ma Remo è stato davvero un genio. Manca dai coccodrilli, in queste ore in cui lo si ricorda sui media, il dato più macroscopico del suo lavoro: Remo è stato un artista, un grande artista, in grado di infondere la sua straordinaria vena nei più svariati campi dell'espressione, con una forza che solo una sorgente prorompente quale era quella della sua arte poteva permettergli. I suoi quadri, i suoi libri, la sua parola libera, forte, la sua capacità di performare ininterrottamente  sui palchi e nella vita quotidiana e la creazione di quella maschera, necessaria, che ha riempito il vuoto che una cultura bigotta, annebbiata dall'ombra del cupolone, aveva lasciato all'espressione del desiderio maschile (con una profondità che solo uno sguardo superficiale poteva non vedere) sono i segni di una grandezza che merita riconoscimento e riconoscenza.
Ho in camera, come un icona laica a fianco del mio letto talamico, un suo disegno, una donna tracciata con linee semplici su una superficie di legno grezzo, a gambe larghe con al centro, spalancata, l'amata sorca e sotto la scritta in stampatello LA FREGNA REGNA! Difronte, sulla parete opposta campeggia un disegno, comprato a Porta Portese e di autore anonimo in cui sotto i visi che emergono da un corteo stilizzato è scritto: prendiamoci la libertà di lottare. Ecco, in questi quadri ci sono l'alfa e l'omega di Remo, che ispirato anche dal suo estremo amore per il femminile, si è preso ad un certo punto della sua vita la libertà di lottare. Una lotta incruenta la sua, combattuta con gli strumenti della sua immensa carica d'amore, contro l'ipocrisia borghese, contro i luoghi comuni, la morale spesso doppia dei benpensanti, l'ingiustizia che divide gli uomini e le fortune secondo il cieco volere del caso che ci fa nascere ricchi o poveri; una lotta per la libertà senza limiti combattuta con una straordinaria disciplina dello spirito che mi sarà di costante esempio. Una lotta pagata anche cara con il tormento e la difficoltà di chi si spoglia del suo destino (il suo quello del borghese pariolino avviato ad ingrossare la classe dirigente) che l'ha portato tre volte a visitare il manicomio, in Perù,in Germania, in Italia, ma che l'ha reso, spogliato del suo bozzolo di crisalide, quella magnifica farfalla del pensiero che molti hanno conosciuto.

Ho passato gli ultimi due anni ad esplorarne l'opera per il documentario - Professione Remotti - che ambisce a raccontarne la grandezza e come accade per gli affreschi troppo vasti e complessi, per comprenderli con immediatezza è necessario esercitare lo sguardo da lontano, una visione aerea che permetta di coglierne l'unicità, la grandezza di una vita straordinaria.





Ora è lui che ci guarda da lontano, con il suo sguardo lucido e da lì ci urla con dolcezza: volemose bene, brutti stronzi!

giovedì 18 giugno 2015

terrazzi aperti

Premessa
Quella che segue è una sintesi di riflessioni, dati e tematiche riguardanti l'uso comunitario dei terrazzi condominiali elaborati nel corso di alcuni anni.


Introduzione
Cʼè un filo rosso che ha attraversato i movimenti sociali negli ultimi 50 anni, una combinazione di riflessione critica e sperimentazione sociale sulla vita in comune, con una particolare attenzione alla famiglia ed agli spazi di vita condivisi, una storia che comincia con gli hippy americani.
Al nomadismo dei figli dei fiori on the road, primordiale rifiuto della casa in quanto luogo eletto della famiglia americana piccolo borghese, fa seguito la grande ondata delle Comuni, che sperimenta la presa di possesso dello spazio/casa, provando a dettare nuove regole e nuovi valori della convivenza, inventando una nuova famiglia allargata.
Qui, alla conquista dello spazio si associa da subito il contesto agreste, un ritorno alla campagna in quanto spazio considerato umano.

Esaurita la spinta delle Comuni, il filo rosso si snoda dalla campagna alla periferia dei centri urbani, con lʼavvento della stagione dei centri sociali autogestiti. Di nuovo lo spazio e la convivenza sociale al centro delle occupazioni: ma la ricerca di uno spazio liberato, non si accontenta più della casa, sia pure una casa alternativa quale era la Comune, e si prende un ambiente che alla funzione abitativa, sommi quella ricreativa, alimentare, culturale ed ovviamente sociale.
Con i centri sociali lʼonda rifluisce quindi verso la città e allarga la sua portata; continua però, chiusa in spazi in disuso della periferia, a restare ai margini della società civile, in quello che per certi versi può considerarsi un ghetto.
Le prime proiezioni fuori dal ghetto, e siamo agli anni '90, provengono dai rave party, il corrispettivo delle Zone Temporaneamente Autonome (TAZ), teorizzate dal saggista Hakim Bey (al secolo Peter Lamborn Wilson). La zona temporaneamente autonoma impone forme culturali, ritmi e riti sociali del soggetto che anela la trasformazione, conquistando temporaneamente la sovranità su uno spazio. Insieme ai rave i writers, e dopo di loro gli artisti del collage e degli stencil, decidono di recuperare i muri della città e invadono nella notte, le grigie vernici dei palazzi
Più recentemente emerge il fenomeno del co-housing. Un gruppo di individui o nuclei familiari decide di erigere il proprio spazio di vita condividendone spazi e progettandolo in funzione di una scelta comunitaria, indifferentemente in campagna o in città: con il co-housing si torna la spinta critica alla famiglia mononucleare torna punto di partenza, alla casa, allʼappartamento, alla villa, al casale. Quella famiglia da cui si era scappati 50 anni fa oggi, almeno in quella forma, non esiste più e quellʼonda di cambiamento e riflessione, dopo aver vagato tra periferie e campagne, si propone di occupare ora il cuore della vita sociale moderna, si mette cioè al centro della scena, guidando la mano dellʼarchitetto. E pretende di trasformare la struttura stessa delle nostre relazioni reinventando gli spazi che già esistono o creandone di radicalmente nuovi e diversi, piantando semi dove era lʼasfalto con la guerrilla gardening, recuperando giardini, istituendo orti collettivi, lottando per recuperare ad una mobilità sostenibile anche le stesse strade del traffico urbano, con le critical mass. Oggi si moltiplicano le iniziative di riappropriazione degli spazi quotidiani: dalle occupazioni dei parcheggi fino, ed eccoci finalmente, allʼutilizzo sociale dei lastrici solari, ossia dei terrazzi condominiali.

Terrazzi aperti: di cosa parliamo

Quella che segue è una proposta volta all’uso sociale condiviso e comunitario dei terrazzi condominiali, che credo potrebbe portare risultati significativi su reddito, servizi, socialità, creazione di reti e  recupero di autonomia e sovranità.

Proverò a spiegare perchè

Difficile stabilire , non solo in Italia, ma anche per la sola città di Roma, quanti siano i terrazzi condominiali, o lastricati solari, come più propriamente si dovrebbe dire. Certo è che non si rischia l'azzardo se si stima per difetto che un terzo degli edifici romani sia dotato del terrazzo comune e, sempre sulla scia di quanto i nostri stessi occhi di romani di lungo corso ci permette di vedere, si nota come le unità abitative senza terrazzo siano per lo più piccoli edifici, villette, case abusive, o alcune delle rare casette all'inglese, come a San Saba o al Pigneto. Se è verosimile che un terzo delle abitazioni romane sono terrazzate, allora a lume di naso, potrebbe essere anche vero che questo dato riguardi almeno la metà della popolazione romana e prevalentemente i cittadini meno ricchi, quelli che non si possono permettere di abitare una villa in città.
Vere o meno che siano queste cifre, resta assodato che i terrazzi a Roma (e in molte delle altre grandi città) sono tanti.
Pensate però che cosa ci si potrebbe fare...
Già, che cosa ci si potrebbe fare?

Beh, queste centinaia di migliaia di mq di lastrici solari potrebbero in estrema sintesi essere utilizzati per:

agricoltura urbana
energia alternativa
pratiche artistiche
installare tetti verdi
organizzare occasioni di ristoro conviviale
reading
concerti
cinema
feste
piccoli allevamenti
mostre
asili
doposcuola
teatro
aperitivi e rinfreschi
allocare impianti di compostaggio
mercatini di scambio
attivitò sportive
antenne wi-fi unificate

con il risultato di:

migliorare il clima urbano
ridurre l’inquinamento nelle città
eliminare o ridurre drasticamente le spese condominiali
offrire occasioni di reddito per sottoccupati
diffondere cultura
disporre per il proprio piacere di un ampio terrazzo
incrementare la produzione di energia alternativa
favorire la produzione di ortaggi biologici
accorciare la filiera del consumo alimentare
creare occasioni di gioco e studio per i bambini
offrire servizi a prezzi sociali


con il piacevole effetto collaterale di creare socialità, cooperazione, rete, scambio culturale alleviando l’onere dei servizi sociali e aumentando a costo zero la sicurezza nelle città..

Infine, si potrebbe perfino avere la sensazione aver recuperato  sovranità sugli spazi di vita, che di questi tempi...

Nel mondo lo stanno già facendo a New York, Toronto, Malmo, Chicago, Sao Paulo, Tel Aviv, Buenos Aires, Tokyo, Shangai, Berlino, Malmo, Singapore, Pechino, Il Cairo, Amsterdam, Città del Capo, Londra, Manchester, San Francisco ed in moltissimi altri posti.
Perchè non farlo noi?

Prima di approfondire cosa si può fare (e si fa già) e come farlo, è però necessaria una premessa di carattere legale.

Questioni legali

Vivo ed ho vissuto a Roma in molti appartamenti diversi.
In quasi tutti c’era un terrazzo condominiale, e nella totalità dei casi in cui c’era ho dovuto osservare con qualche struggimento l’inespugnabile piattaforma pensile, grigia, sporca, spoglia, al più attraversata da una rete di fili per la biancheria e coronata  da una selva di antenne arruginite.
Poterci fare altro oltre ad uno stenditoio per gli inquilini dei piani alti – cene, ginnastica, prendere il sole, metterci una pianta - era fuori questione. “Non si può!”  . E, come nelle leggende metropolitane c’è sempre nel palazzo un inquilino che si oppone, pronto a far valere la legge, perfino a chiamare i carabinieri; certo non è mai l’inquilino che ce lo racconta con aria comprensiva e rassegnata a essere contrario all’uso del terrazzo, è sempre qualcun altro. In realtà questi inquilini insofferenti esistono, e sono spesso gli abitanti degli ultimi piani, che coltivano mire sulla proprietà del tetto, o vogliono preservare il silenzio del quinto piano, salvo essere impegnati in un’intensa attività mondana sul proprio terrazzo privato. Decibel per decibel, meglio i propri.
Così tra i cittadini si è diffusa la tacita convinzione che non sia possibile per legge utilizzare questo magnifico spazio, così adatto a mirar le stelle e a coltivare sogni d’amore, insalate e forma fisica. ma quanto hanno ragione questi condomini a far valere un presunto diritto all’intangibilità dei terrazzi condominiali?
 
Vediamo.
In rete, su uno dei tanti forum specializzati in questioni legali, un uomo scrive:

“ho un un piccolo problema: l'amministratore del palazzo mi ha inviato una lettera (raccomandata con ricevuta di ritorno), nella quale chiede che NON posso far stare i miei 4 gatti nel terrazzo condominiale. Premesso che li porto la mattina e la sera ritornano a casa, il terrazzo è tenuto perfettamente pulito, chiedo se esiste una regolamentazione in merito' Come mi devo comportare? grazie Vitaliano”

 Questa la risposta dell’avvocato Alessandro Gallucci, del foro di Lecce:

“Ogni condomino ha diritto di usare la cosa comune nel modo che ritiene più opportuno purché ciò non sia limitativo o addirittura escluda il pari diritto degli altri comproprietari (art. 1102 c.c.).

In tal senso la Cassazione ha detto "che il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell’unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine." (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).

In questo contesto, pertanto, non può essere impedito ai gatti di stare sul terrazzo condominiale, salvo che non creino disagio, limitazioni o esclusioni dell'uso della comune che comunque dovrebbero essere provate da chi se ne lamenta.

Insomma, il signor Vitaliano ha pieno diritto a tenere, se crede, i gatti sul terrazzo condominiale, purchè non limiti il diritto degli altri ad utilizzare per i propri fini il medesimo spazio.
Ma se il signor Vitaliano può tenere i gatti sul terrazzo, allora la signora Olga può metterci le sdraio per prendere il sole e Marcolino può andare su a giocare con i pattini, mentre io posso invitarvi tutti a sorseggiare un cocktail per guardare insieme i tetti di Roma fiammeggiare al tramonto.
Per coloro che hanno condiviso l’esperienza semi-clandestina di allestire una cena sul terrazzo condominiale o addirittura hanno osato fare una festa con musica sul tetto del palazzo, con il timore di vedersi arrivare orde di inquilini infuriati in tenuta anti-sommossa, pronti a sgomberare questa specie di rave illegale condominiale, ecco quindi una notizia liberatoria.

Utilizzare il terrazzo condominiale si può, è un bene comune, come il cortile condominiale, per cui nessuno si sognerebbe di contestare il diritto a sedersi a prendere il sole o se necessario a parcheggiarci la bicicletta.

Il codice civile regola l’uso del lastricato solare condominiale secondo la Comunione. Il condominio degli edifici trae infatti origine dall’istituto della comunione, regolata dagli articoli 1100 e segg. del codice.
La comunione è un diritto di proprietà spettante a più persone per cui ogni partecipante ad essa, ha il diritto di servirsi della cosa comune come meglio crede. Sempre però che anche gli altri possano fare altrettanto.
Caratteristica essenziale della comunione è che ogni partecipante ha pieno diritto di godere di tutta la cosa comune e non soltanto in ragione della sua percentuale di proprietà.
In altre parole se tre comunisti ( termine giuridico dato ai comproprietari ) sono comproprietari di un bene come ad esempio un terrazzo, avendo uno il 40% di proprietà, uno il 35% e l’altro il 25%, ognuno di loro può servirsi pienamente del terrazzo e non solo della quota di proprietà.
Lo farà compatibilmente con i propri desideri ed esigenze e potrà se lo crede (ma a spese sue) apportare migliorie e portare beni (tavoli, piante, luce, tavoli da ping pong) a patto di non recare limitazione all’altrui desiderio di fare altrettanto (articolo 1107 del codice civile).

Certo il diritto decretato dal Codice Civile all’uso degli spazi comuni è virtuale e l’uso del terrazzo può essere regolamentato, ma nessun regolamento può limitare l’uso del bene almeno che non costituisca nocumento provato all’uso del terrazzo o sia incompatibile, negli orari stabiliti, con il riposo degli inquilini.
E’ una buona premessa legale per cominciare il nostro viaggio alla conquista dei terrazzi condominiali!

Ma vediamo nel dettaglio alcuni usi sperimentati dei lastrici solari

Orti e verde sui terrazzi condominiali

Da alcuni anni singoli o gruppi di persone hanno avviato pratiche agricole dentro la città. Spinti dalla necessità di trovare spazio per le piante anche in ambienteurbano e dal desiderio di coltivare in proprio verdura e ortaggi biologici, sono sorti nel mondo centinaia di orti sui terrazzi, le cui dimensioni variano da poche piante in vaso fino a molte centinaia di metri quadrati (il più grande è a Brooklyn, il Grange, che  ha un’estensione di 12000 mq!).
Gli orti pensili si trovano oramai ovunque nel mondo: negli Stati Uniti, New York vanta un primato con i suoi più di 600 terrazzi coltivati accertati già nel 2009,, ma ci sono molti orti sui tetti anche a Chicago, San Francisco, Seattle, Washington, Los Angeles, Austin, Milwakee, Minneapolis, come in tutti i principali centri urbani nordamericani. Caso a parte il Canada che ha in Montreal  Toronto e Vancouver punti di riferimento internazionali per le avanzate politiche di sostegno alla rooftop agriculture. In Europa, a Londra un progetto cittadino Capital Growth, sostiene finanziariamente la produzione autogestita e comunitaria di ortaggi biologici sui terrazzi e nei giardini, un’attività che è praticata già oggi da decine di migliaia di londinesi e nel 15 per cento delle abitazioni della metropoli; ma si trovano orti comunitari anche sui tetti di Berlino, Manchester, Amsterdam, Stoccolma, Marsiglia, Parigi, Vienna, Torino, Malmo e Roma (significativo il caso di Corviale). In Africa la nuova pratica dell’agricoltura urbana sui tetti si innesta con antiche tradizioni di agricoltura in casa. Oggi sono attivi, anche sulla spinta di un progetto attivato dalla Fao dall'inizio del nuovo millennio, orti pensili in Marocco, Senegal, Sudafrica, Tanzania, Mali, Egitto e Kenya. Tokyo, che ha un’antica tradizione di agricoltura urbana, con il Giappone, guidano la comunità dei terrazzi urbani coltivati in Asia. Con loro sono le comunità di agricoltori pensili di Shanghai, Singapore, New Dehli, Kathmandu, Hong Kong; i terrazzi coltivati sono anche numerosi nel vicino oriente, in particolare nei territori occupati palestinesi, dove fungono da sostegno alimentare per la popolazione in difficoltà. Non Mancano peraltro gli orti sui tetti australiani.
La grande maggioranza di questi presidi aerei della coltivazione urbana è orientata all’agricoltura biologica, libera da fitofarmaci; la cura dei rooftop farmers nel produrre ortaggi “sani” e non inquinati dalla chimica, è strettamente connaturata al desiderio di avere a disposizione verdure di qualità, a due passi da casa, che ne costituisce una delle principali motivazioni.
Che fine fanno gli alimenti dopo il raccolto? I prodotti delle rooftop farm sono prevalentemente destinati alla comunità produttrice per l’autoconsumo; che siano singoli, gruppi informali o organizzati, con il consumo privato è assolto il ciclo che, dal bisogno di cibo naturale si compie a tavola. In più di un caso però gli orti sui terrazzi più estesi e le esperienze consolidate negli anni, hanno indotto la creazione di mercatini informali, spesso sugli stessi terrazzi, frequentati prevalentemente nell’ambito del cosiddetto circuito di prossimità (amici, parenti, vicini); parallelamente non mancano le prime vere e proprie iniziative imprenditoriali, che vanno dalla gestione aziendale degli orti sui terrazzi,  con regolare disttribuzione e vendita dei prodotti (esempi a Tokyo, New York, Singapore) accanto agli  esperimenti di colture idroponiche per finire ai supermercati che, applicando rigidamente il principio del chilometro zero, vendono ai clienti le verdure prodotte sullo stesso tetto del grande magazzino. Gli orti assolvono in molti casi ad una funzione didattica che si affianca alla pratica produttiva. Le proposte commerciali e le iniziative imprenditoriali ad hoc, stanno fiorendo intorno a queste forme di agricoltura da terzo millennio; container/serra, adatti alle colture idroponiche e indoor e pensate specificamente per i terrazzi, i bagsac, speciali tele/vasi di juta, totalmente naturali e biodegradabili, per ospitare terra e piantine, studi di architettura che sono in grado di progettare e trasformare il più grigio e nudo dei lastrici solari in un ridente giardino, munendolo di terra, materiali drenanti e sistemi di scolo delle acque.


I tetti verdi (estratto da tettiverdi.it)

Cosa sono?
Prati di varie tipologie sino a giardini veri e propri completi di alberi o anche orti, che si possono oggi realizzare in tutta sicurezza anche sulle sommità degli edifici, soprattutto in ambito urbano.
Infatti per i tetti, i cortili e le pareti di palazzi privati, garages, parcheggi, hotels, aziende e officine, capannoni, centri fieristici, cliniche, impianti sportivi il cosiddetto verde pensile non ha solo un ruolo estetico e di miglioramento dell’inserimento paesaggistico dell’edificio ma può svolgere importanti funzioni di utilità diretta, con ricadute economiche quantificabili.
Il verde pensile si distingue in due principali tipologie di inverdimento: quello estensivo e quello intensivo, che si distinguono per costi di costruzione, oneri di manutenzione e prestazioni  globali.
I tetti verdi e più in generale il verde pensile (quindi anche pareti rinverdite) sono un valido strumento per raggiungere obiettivi di compensazione, mitigazione e miglioramento ambientale, anche su scala territoriale.
Ecco i principali vantaggi.

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Miglioramento del microclima.

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Influsso positivo sul clima degli ambienti interni. (Più caldo l'inverno e fresco l'estate, con conseguente risparmio energetico)

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Nuovi spazi fruibili per gli uomini e nuovi habitat per piante ed animali.(con conseguente vantaggio per la biodiversità)

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Ritenzione idrica (anche del 70-90%) e conseguente alleggerimento del carico sulla rete di canalizzazione dell'acque bianche. Possibile recupero dell’acqua piovana per usi irrigui.

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Protezione dal rumore attraverso minore riflessione ed insonorizzazione delle superfici sommitali.
Vantaggi economici e di miglior qualità della vita:

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Durata maggiore dell'impermeabilizzazione e delle coperture attraverso la protezione dagli agenti atmosferici.

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Migliore isolamento termico delle coperture e quindi risparmio energetico, funzionamento più economico degli impianti di climatizzazione, migliore utilizzazione degli immobili.

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Miglioramento della qualità di abitazione e di vita.

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Possibilità di usufruire, dove presenti, di possibili incentivi economici previsti dalle amministrazioni locali per il verde pensile.

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Aumento di valore degli immobili.
Per questo in molte parti del mondo il sostegno pubblico alla creazione di tetti verdi è operativo da molti anni: in Germania, in molti stati USA, in Argentina e Brasile,  in Canada, dove è obbligatorio costruire nuovi edifici pubblici con i "tetti verdi."  In Italia già dal 2009 sono state redatte, a cura dell'agenzia governativa ISPRA, le linee guida per la costruzione dei tetti verdi, pur in mancanza di una legislazione organica sulla materia. L'impianto di tetti verdi si sta sviluppando anche in Turchia, Spagna, Polonia, Svizzera, a Singapore, Hong Kong, in Cile, Danimarca, Australia, India, Francia, Colombia, Messico, India, Ungheria, Israele, Grecia, Repubblica Ceca e in Giappone. In Italia esistono degli esempi, in realtà non molti, quale ad esempio il nuovo stadio di Siena o la cantina Antinori vicino a Firenze; notevoli i pluripremiati progetti di verde verticale sviluppati dallo studio Boeri di Milano.


Attività artistiche e di spettacolo

Da alcuni anni a Roma, nel quartiere del Mandrione, adiacente al Pigneto, ha luogo un festival di musica eletttronica la cui peculiarità è nell'ambientazione: Die Half si svolge infatti su un ampio terrazzo condominiale; ai partecipanti è richiesto di prenotarsi via mail e di tenere una condotta improntata alla discrezione ed al silenzio, rispettosa degli artisti e dei vicini. Analoga l'iniziativa che si tiene sui terrazzi di Casal Bertone, quella del festival (Up)stairs, di Torino, o le esperienze più o meno ufficiali dei reading di poesia in diverse città italiane. Quelle che  a noi paiono delle esperienze straordinarie sono altrove pratiche consolidate. A Salt Lake City si tiene ogni anno sui terrazzi della città il Provo Rooftop Concerts, festival musicale indpenndente. A New York si tiene  ormai da 16 anni l'underground movies outdoors, meglio conosciuto come Rooftop Film festival, una rassegna del cinema indipendente interamente svolta sui tetti di New York. Iniziative analoghe si svolgono a Melbourne e a Tallin. D'altra parte con l'accessibilità dei video-proiettori e la relativa semplicità a reperire un muro su cui appendere un lenzuolo rendono i terrazzi condominiali luoghi eletti nei mesi più caldi per le proiezioni low cost. A New York sono frequenti anche le mostre d'arte sui terrazzi, così come gli interventi dei writers e degli artisti per porre il proprio segno estetico in cima alla città. In alcuni lastrici solari della metropoli americana stanno comparendo anche delle grandi composizioni pittoriche sui pavimenti, apparentemente indecifrabili, che diventano fruibili attraverso l'uso dell'applicazione google earth, che individua attraverso le coordinate geografiche del terrazzo i grandi affreschi da terrazzo, proponendoli sul computer e rendendoli così intellegibili. Già in passato a cavallo tra 800 e 900 gli ultimi piani di molti palazzi romani avevano spazi (oggi diremmo degli open space) espressamente costruiti  per gli artisti, assegnati a prezzo contenuto per allestire atelier e sviluppare la ricerca estetica. Oggi le lavanderie dei terrazzi condominiali potrebbero aiutare gli artisti a praticare la loro arte, mentre gli ambienti esterni dei terrazzi possono diventare magnifici spazi espositivi. Un'idea che a Linz, in Austria, hanno sviluppato in forme davvero spettacolari nella manifestazione dell'Hoehenrausch, di cui si può apprezzare uno scorcio nella foto, magnifica mostra d'arte all'aperto tra le guglie della città. L'uso dei terrazzi condominiali per le attività d'arte e di spettacolo può essere coniugata anche per fare prove teatrali, letture, prove musicali, piccole performance, aprendo spazi di espressione culturale determinanti per la crescita di una città a forte vocazione culturale qual è Roma in un momento in cui la crisi inibisce le attività artistiche solo apparentemente prive di utilità sociale ed economica.



Economie di prossimità sui terrazzi
Crisi e rilancio delle attività economiche sono divenute quasi un mantra nell'Italia di questi ultimi anni.  Riavviare lo spirito d'impresa, attivare circuiti di micro economie no profit può essere una risposta interessante e produttiva alla crisi. Già in Argentina all'indomani della grave crisi degli anni '90 strade, terrazzi, spazi pubblici hanno ospitato piccole attività di impresa che univano motivazioni economiche a quelle di solidarietà sociale. Perchè allora non pensare ai terrazzi come luoghi in cui studenti universitari e precari della scuola possano fare doposcuola ai ragazzini del condominio? Si potrebbero attivare, similmente alle corrispettive esperienze in Germania, creare dei kindergarten, sollevando genitori impegnati sul lavoro dalle pesanti rette degli asili privati ed affidando i bambini, in una sorta di babysitteraggio autogestito, alle madri meno impegnate, riconoscendo al contempo un rimborso. In modo analogo, così come già succede sulle terrazze di molte città americane, si possono attivare mercatini, magari per far circolare le verdure in eccedenza prodotte sul terrazzo medesimo, mettendo in rete i piccoli produttori impegnati nella coltivazione degli orti pensili. Mercatini che potrebbero rimettere in circolo, secondo il principio del riciclo, gli oggetti e i vestiti che altrimenti finirebbero nel cassonetto dei rifiuti. Le terrazze più piacevoli della città potrebbero inoltre ospitare degli apertitivi autogestiti, secondo il principio secondo il quale il condominio è un'associazione di fatto a tutti gli effetti che nel proprio dominio comune, il terrazzo in questo caso, invitano ad un rinfresco amici e vicini, chiedendo un rimborso per le spese comuni e per il condomino (magari quello ch ha qualche difficoltà economica in corso) che si prende la briga di miscelare e servire i drink o di mettere una piacevole base musicale all'incontro. Stesso discorso per le attività sportive, che possono andare dagli esercizi di risveglio (un po' come il Tai chi praticato dai cinesi, oggi anche a piazza Vittorio, nel cuore della capitale) a i programmi di ginnastica per bambini ed anziani.
Sono piccole iniziative intorno a cui andrebbe costruito, sulla scorta delle leggi che regolano l'associazionismo ad esempio, un quadro normativo in un'ottica rigorosamente no profit che permetta di trarre piccoli redditi da destinare alla copertura delle spese condominiali o a sostenere chi soffre maggiormente della crisi con un aiuto che si aggiunge al reinserimento sociale, al contatto con i nodi dell'informazione. I vantaggi derivati sono le conseguenze della ricostituzione di una rete di relazioni tra vicini, dall'attivazione di forme di solidarietà e dall'alleggerimento del peso sociale della crisi sulle istituzioni.
Tra le altre iniziative economiche "leggere" possibili sui terrazzi l'apicoltura (un'arnia può produrre fino a 40 kg di miele l'anno) così come succede da qualche anno a New York e Chicago, da quando cioè le rispettive amministrazioni comunali hanno smesso di vietare questa pratica, incentivandola invece anche in vista dell'emergenza costituita dalla moria delle api. Senza l'impollinazione delle api, che muoiono anche a causa dei pesticidi sulle piante e le colture agricole (pesticidi del tutto assenti in città), si calcola che l'umanità sopravviverebbe solo pochi anni. Oltre le api i terrazi possono ospitare l'elicicoltura (lumache), i lombrichi, gli insetti antagonisti dei parassiti (attività in crescita esponenziale nel mondo) o ospitare rifugi per piccoli animali domestici.



Terrazzi ed energia

Si chiama Rooftop revolution, è nata in Florida ma il suo spirito è stato raccolto e rilanciato con maggior forza in Germania che ha raggiunto nel 2010 il milionesimo tetto con un impianto fotovoltaico(e dal 2012 la produzione di rinnovabili ha superato le fossili)  ed in Cina. Al centro l'idea che attraverso l'installazione sui terrazzi e sui tetti di impianti fotovoltaici, piccole pale eoliche e turbine a vento, si possa disporre di fonti energetiche rinnovabili e pulite in grado di coprire una parte significativa del fabbisogno energetico. Intorno a questa idea sono state ideate piccole turbine orizzontali da terrazzo, mini pale eoliche con un impatto visivo ridotto, pannelli fotovoltaici meno invasivi per consentire di ridurre lo spazio occupato nei terrazzi condominiali. Un sistema di incentivazione pubblica muove in diverse parti del mondo questa piccola rivoluzione energetica fatta di piccoli impianti messi in rete.  Tra le più efficaci forme di sostegno all'installazione di impianti rinnovabili la cosiddetta feed in tariff, attivata ad esempio dal DOE negli USA (il dipartimento federale dell'energia)con il programma Rooftop Solar Challenge come in Germania e Regno Unito; con la feed in tariff, le compagnie energetiche remunerano in primis tutta l'energia prodotta dagli impianti condominiali,  premiando con un'ulteriore "acquisto" le eccedenze energetiche non assorbite ed immesse nella rete dai produttori. A questa duplice entrata economica si sommano ovviamente i risparmi dovuti all'utilizzo dell'energia autoprodotta che evidentemente non ha costi (a parte l'impianto) per i produttori. Attraverso l'energia dei terrazzi una città di 3 milioni di abitanti, quale è Rizhao in Cina, riesce a produrre il 99% dell'acqua calda necessaria alla popolazione. Agli innegabili vantaggi economici si aggiungono i benefici ambientali della riduzione delle emissioni inquinanti e le conseguenti ricadute economiche.

Non finisce qui


Molteplici  le altre esperienze nel mondo che ruotano intorno all'uso sociale e comunitario dei lastrici solari che vanno qui menzionate. Interessante l'esperienza dell'installazione di piccoli impianti condominiali wi-fi sul terrazzo, in grado di assolvere al fabbisogno degli internauti dell'intero palazzo con un costo molto basso ed una significativa riduzione delle emissioni degli hot spot. In Italia è sorta con base a Roma Ninux, gruppo di volontari che "clandestinamente" e gratuitamente impiantano il wi-fi sui terrazzi condominiali in una sorta di net-guerrilla motivata dallo spirito di apertura e condivisione della rete proprio degli utilizzatori dei sistemi Open source. Alla base del progetto la maggiore privacy garantita dai sistemi wireless comunitari, il controllo dei cittadini sui nodi della rete e la sottrazione alla speculazione di una risorsa comunicativa libera quale internet dovrebbe essere. Analoghe esperienze sono state avviate in Germania ed i membri dell'associazione di Berlino Freifunk, sono anzi stati chiamati a formare tecnici in diversi Paesi africani per riproporre  il modello di rete sperimentato in patria.
Restando in tema di antenne, una piccola spinta potrebbe finalmente portare all'adozione dell'antenna unica in tutti i palazzi romani (ed italiani) eliminando la selva di antenne - brutte ed inquinanti - che popolano i cieli della capitale, recependo una direttiva, ormai antica, della Comunità Europea.
Tra le iniziative virtuose messe in atto dai Comuni in Italia, va segnalato il progetto per il compostaggio domestico promosso dal Comune di Genova, che fornisce ai condomini che ne fanno richiesta una compostiera studiata per non rilasciare cattivi odori, in cui possono confluire i rifiuti organici del palazzo per trasformarsi in prezioso fertilizzante, con l'effetto di alleggerire il carico cittadino dei rifiuti da smaltire. Il Comune, in cambio, alleggerisce la bolletta della tassa dei rifiuti a chi aderisce al progetto.
Su tutt'altro versante i progetti che utilizzano i terrazzi come piattaforme educative. A New York e a Londra sono attive diverse fattorie didattiche installate in piccole serre/laboratorio progettate appositamente per l'uso sui terrazzi condominiali (in Germania una ditta si è specializzata proprio in queste produzioni). I terrazzi a Londra sono usati anche come aree ricreative per gli alunni delle scuole, mentre in diverse parti del mondo (e recentemente anche all'istituto Russel di Roma) sul tetto degli edifici urbani si installano telescopi per l'osservazione astronomica.
Sul "fronte" delle iniziative volte al rafforzamento delle reti comunitarie va infine segnalata la festa dei vicini, istituita in Europa dal 2003 e che ha visto nell'edizione 2012 14 milioni di partecipanti in 1400 comuni di 35 Paesi. In Italia l'iniziativa organizzzata dalla Federation Europeenne des solidarietes de proximite è gestita da Federcasa e dall'Anci; in particolare a Roma la giunta Veltroni promosse delle feste sui terrazzi nei primi anni 2000.
Infine si devono segnalare l'esistenza di diverse attività sportive che prosperano sui terrazzi condominiali, tra cui il tennis, la pallavolo, il minigolf, nuoto, fino all'incredibile esistenza di una Lega internazionale di rooftop soccer, calcetto da terrazzo, con tanto di campionato mondiale.

Cosa si può fare per promuovere i terrazzi aperti

Il lavoro di studio ed approfondimento nei vari aspetti legale, ingegneristico ed architettonico, economico ed amministrativo, botanico etc. è la naturale premessa a qualsiasi progetto organico di sviluppo di una rete di terrazzi comunitari a Roma.
E' però in prima battuta possibile suggerire qualche indicazione sulle azioni possibili:

Iniziative di promozione di natura culturale.
L'idea  che il terrazzo possa essere una risorsa piuttosto che una rogna deve essere promossa adeguatamente. Le iniziative esemplari, le esperienze pilota, la diffusione della conoscenza delle leggi che regolano l'uso degli spazi comunitari, la comunicazione dei vantaggi economici e più in generale una campagna che sia in grado di stimolare all'uso dei terrazzi e di trasformare l'immagine dei terrazzi condominiali è fondamentale. E' indubitabile che si parte da una diffusa diffidenza e dalla non abitudine alla cooperazione tra condomini per l'uso dei beni comuni. Questa mancanza di spirito comunitario è comunque storia recente, portato degli sviluppi delle città anonime e dell'isolamento metropolitano. Tutte le iniziative che negli ultimi anni si stanno affermando - orti comunitari, recupero degli spazi verdi, co-housing, e tutte le forme di sharing (car, couch, bike etc.) - parlano del desiderio in nuce di sperimentare forme di condivisione e socialità a carattere comunitario. Da qui bisogna partire ed il Comune, ha l'autorevolezza e la legittimità di porsi alla testa di questa piccola rivoluzione culturale.

Iniziative di formazione
Gli amministratori di condominio, sempre più professionalizzati, sono ormai l'ago della bilancia (e del bilancio) gestionale dei condomini. Per operare profondamente una trasformazione nella gestione dei condomini (e dei terrazzi) bisogna formare una leva di amministratori volti all'utilizzo comunitario dei lastrici solari. Diversi gli incentivi per gli amministratori ad abbracciare la filosofia dei terrazzi aperti, non ultima la molteplicità di iniziative economiche che possono fiorire intorno agli spazi condivisi.

iniziative di legge
 Per avviare in un ottica di "liberismo sociale" iniziative economiche no-profit che abbiano il baricentro sui terrazzi, è necessario individuare un quadro regolamentare e normativo che consenta di procedere in sicurezza e nella legalità. Tra le ipotesi che un non giurista come me mi vengono in mente, la costituzione in associazione culturale delle assemblee di condominio, che permetterebbe di avviare tutte le attività economiche consentite alle associazioni; l'adozione di un quadro normativo analogo a quello che permette i mercati contadini, per la coltivazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e di allevamento dei terrazzi; L'estensione delle norme che regolano le attività artistiche e le economia connesse ad alcune attività praticabili sui terrazzi.

Iniziative di consulenza
 Potrebbe essere utile fornire le consulenze per impiantare orti così come impianti energetici o reti wi-fi, sui terrazzi. Una task force in grado di suggerire/orientare all'uso del terrazzo fornendo risposte di architetti, agrari, ingegneri, esperti di energia, giuristi, per l'uso sociale dei terrazzi. Intorno a questa ipotesi sarebbe utile attivare le università sia in progetti di ricerca che nella creazione di staff specializzati.



Iniziative di incentivazione e sostegno economico
Per le iniziative a più immediata ricaduta economica per le istituzioni (compostaggio domestico, energia, asili e doposcuola,  antenna unica, terrazzi verdi) si possono pensare a forme di incentivazione prendendo spunto dalle tante iniziative già in atto a livello internazionale.

Iniziative di spettacolo e cultura sui terrazzi
 Avviare nell'ambito dell'Estate Romana alcune iniziative culturali e di spettacolo da svolgere sui terrazzi può costituire un buon veicolo di comunicazione per stimolare all'uso dei terrazzi.

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