Non avrei pensato che a più di 50 anni mi fosse ancora
possibile fare un incontro in grado
di cambiare qualcosa dentro di me.
L'incontro con Remo è stato anche questo.
La prima volta che ci siamo visti, a casa sua, nel febbraio
di 2 anni fa, ho suonato al campanello di via Livorno, a Roma con qualche
timore; avevo già visto Remo un paio di volte, una al bar in cui prendevo i
moltissimi caffè che spezzavano il lavoro di studio ed un'altra ad una festa in
cui ero capitato quasi per caso, che, tra l'altro, festeggiava il suo
compleanno. Sapevo poco o niente di lui, ma l'impressione che avevo tratto da
quest'uomo sgargiante e dall'età indefinibile, era di una personalità
ingestibile, un uomo dal linguaggio pesante, da cui ti potevi aspettare ogni
sorta di approccio relazionale, di quelli che ti mettono in difficoltà. Per
questo quando andai a trovarlo in quel tardo inverno nel 2013, ero timoroso.
chissà che mi dirà, magari mi prende a parolacce cacciandomi via. Facevo male a preoccuparmi, Remo è solo di
una sincerità disarmante, e se si era disarmati ed altrettanto sinceri con Remo
si poteva solo avere un magnifico rapporto di franchezza e scambio e - con un
po' di fortuna - di amicizia. Devo aggiungere che avevo qualche dubbio sulla
sua opera, pensando fosse un po' furbo nel suo uso di un linguaggio esplicito,
nella sua "ode alla sorca" che gli aveva dato notorietà, un
narcisista in cerca di riflettori, uno da smascherare: insomma mi portavo
dietro una gerla di pregiudizi.
Poi è cominciata la conoscenza, e l'ammirazione che mi
conquistava cedeva ogni giorno il passo all'amicizia per quest'uomo : mi diceva
- scherzando come con i suoi amici, "tu sei un fijo de 'na mignotta, tu
sei frocio"; in un certo senso aveva ragione perchè il mio sentimento nei suoi
confronti è stato animato da una tenerezza amorosa; poi la sua grandezza...
Un giorno, giravamo
in un teatro dove Remo stava recitando per il documentario alcuni dei suoi
monologhi; ad un certo punto, seccato dalle mie continue indicazioni sbottò,
urlando "io sono un genio!"
Ci ho messo un po' a capirlo, ma Remo è stato davvero un
genio. Manca dai coccodrilli, in queste ore in cui lo si ricorda sui media, il
dato più macroscopico del suo lavoro: Remo è stato un artista, un grande
artista, in grado di infondere la sua straordinaria vena nei più svariati campi
dell'espressione, con una forza che solo una sorgente prorompente quale era
quella della sua arte poteva permettergli. I suoi quadri, i suoi libri, la sua
parola libera, forte, la sua capacità di performare ininterrottamente sui palchi e nella vita quotidiana e la
creazione di quella maschera, necessaria, che ha riempito il vuoto che una
cultura bigotta, annebbiata dall'ombra del cupolone, aveva lasciato
all'espressione del desiderio maschile (con una profondità che solo uno sguardo
superficiale poteva non vedere) sono i segni di una grandezza che merita
riconoscimento e riconoscenza.
Ho in camera, come un icona laica a fianco del mio letto
talamico, un suo disegno, una donna tracciata con linee semplici su una
superficie di legno grezzo, a gambe larghe con al centro, spalancata, l'amata
sorca e sotto la scritta in stampatello LA FREGNA REGNA! Difronte, sulla parete
opposta campeggia un disegno, comprato a Porta Portese e di autore anonimo in
cui sotto i visi che emergono da un corteo stilizzato è scritto: prendiamoci la
libertà di lottare. Ecco, in questi quadri ci sono l'alfa e l'omega di Remo,
che ispirato anche dal suo estremo amore per il femminile, si è preso ad un certo
punto della sua vita la libertà di lottare. Una lotta incruenta la sua,
combattuta con gli strumenti della sua immensa carica d'amore, contro
l'ipocrisia borghese, contro i luoghi comuni, la morale spesso doppia dei
benpensanti, l'ingiustizia che divide gli uomini e le fortune secondo il cieco
volere del caso che ci fa nascere ricchi o poveri; una lotta per la libertà
senza limiti combattuta con una straordinaria disciplina dello spirito che mi
sarà di costante esempio. Una lotta pagata anche cara con il tormento e la
difficoltà di chi si spoglia del suo destino (il suo quello del borghese
pariolino avviato ad ingrossare la classe dirigente) che l'ha portato tre volte
a visitare il manicomio, in Perù,in Germania, in Italia, ma che l'ha reso,
spogliato del suo bozzolo di crisalide, quella magnifica farfalla del pensiero
che molti hanno conosciuto.
Ho passato gli ultimi due anni ad esplorarne l'opera per il
documentario - Professione Remotti - che ambisce a raccontarne la grandezza e
come accade per gli affreschi troppo vasti e complessi, per comprenderli con
immediatezza è necessario esercitare lo sguardo da lontano, una visione aerea
che permetta di coglierne l'unicità, la grandezza di una vita straordinaria.
Ora è lui che ci guarda da lontano, con il suo sguardo
lucido e da lì ci urla con dolcezza: volemose bene, brutti stronzi!
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