domenica 7 giugno 2015
Arricchisco il mio eterogeneo blog, mettendo nero su bianco due proposte, diciamo politiche, che da lungo corso mi frullan nella testa.
Di che si tratta?
Ecco la prima delle proposte: abolizione dell'eredità! Prendetela con tutte le molle che una naturale repulsione verso chi vuole levarvi il ricordo di mammà vi suggerisce, escogitando tutti i correttivi del caso, ma lasciatemi argomentare un po'.
La prima questione per sgomberare il campo da eventuali fraintendimenti è, che in un sistema quale quello attuale, in cui nulla è garantito ai propri discendenti, se non che un mare di lacrime da navigare con una barchetta da guerra animati dalla speranza che non affondi, dicevo in un tale sistema, la proposta di levare a chi ce l'ha quei 4 soldi o la casetta è poco meno di un crimine.
L'idea va quindi annoverata tra quelle che immaginiamo per comporre il luminoso quadro di un altrettanto radioso futuro, cioè quello che nei nostri sogni vorremmo fosse.
Ed allora spostiamoci in questo futuro possibile, escludiamo dall'efficacia di questa proposta i ricordi di famiglia, e vediamo cosa succederebbe.
Innanzitutto una grande massa di ricchezze, occupate durante la vita da singoli individui, al termine della loro esistenza tornerebbero in circolo, offrendo ai nuovi nati un monte di opportunità in più. Non solo, considerando l'inutile accumulazione di beni da parte dei pochi che possiedono quasi tutto, sarebbe facile garantire alcuni elementari diritti a tutti, a cominciare da quello ad un'abitazione dignitosa. Con questa idea non si esclude che chi avesse voglia di circondarsi di oggetti bellissimi o di abitare case, ville, palazzi, durante una vita di brillante dedizione al lavoro, non possa farlo. Ognuno si potrebbe arricchire in vita quanto vuole e può, solo al passaggio dello Stige (ossia quando muore), si rimette tutto in mezzo. Questa misura non solo creerebbe una base di opportunità per le nuove generazioni molto più congrua di quanto sia adesso, limitando al contempo la possibilità di accumulare grandi patrimoni (quanto si può accumulare in una vita?) e di conseguenza le rendite parassitarie, ma produrrebbe uno straordinario cambiamento culturale. Non si vivrebbe più con l'animo di accumulare tesori - che andrebbero inevitabilmente dispersi quando si muore - ma ci si dedicherebbe molto di più a procurarsi esperienze significative, piacevoli, magari profonde; essere più che avere, l'apoteosi del qui e ora, del carpe diem. Si svilupperebbe cioè una attitudine a considerare l'aldiqua molto più importante dell'aldilà.
E a ben vedere, in contrasto con quanti credono che la natura umana, meschina e possessiva, tende naturalmente all'accumulazione di ricchezza e beni, i fenomeni in atto nella società occidentale, le cosiddette civiltà avanzate, va proprio nella direzione dell'uso del bene, piuttosto che del suo possesso. In Gran Bretagna ad esempio il parco di veicoli circolanti non di proprietà (pubblici, noleggi, leasing) ha superato quello dei veicoli privati; anche in Italia cresce il noleggio. E che dire delle forme di car sharing, in crescita ovunque e di tutte le altre forme di condivisione dei beni o di utilizzo senza proprietà (si vedano ad esempio i telefoni cellulari) che si sviluppano in ogni parte del mondo con il nome di co-housing, home swap e sharing declinando? Da quando io, giovane padre, mi stupivo di tutte le coppie che invece di utilizzare culle, lettini, porta enfant, vestitini e seggioloni, poco o per niente usati da precedenti genitori si ostinavano a comprare inutilmente tutto nuovo (spendendo barche di soldi) ad oggi mi pare che già molto sia cambiato. In Svezia peraltro la gran parte delle case non si compra definitivamente, ma se ne acquista la licenza d'uso per un certo numero di anni. sistema che funziona anche per i barconi abitabili che sostano sui canali di Amsterdam.
Il futuro è dell'uso e la proprietà, oltre che un furto presto, spero, sarà archeologia: il dibattito è aperto.
Per completare il quadro del magnifico futuro di cui sopra (e forse con la possibilità di attuarla con maggiore immediatezza) ecco a compendio la mia seconda proposta.
Durante la vita si faccia ciò che si vuole, ci si arricchisca, si lavori come muli o pochissimo, ci si dedichi a lavori poco remunerativi ma piacevoli, facendo una vita grama fatta più di spirito che di beni materiali, insomma ognuno come crede ed è capace; ma, giunti alla soglia della vecchiaia, mi vorrei che si potesse percepire una pensione uguale per tutti. Qualsiasi lavoro abbiamo fatto, lo spazzino o l'imprenditore, il dog sitter o l'avvocato, quando arriviamo all'età x, senza nulla pregiudicare al precedente accumulo di ricchezze (temporaneo, per via della prima proposta), l'importo erogato per la pensione dovrebbe essere uguale per tutti. Pensione dignitosa, ovviamente (e considerate le pensioni d'oro varie, penso che al valore attuale e che con qualche rimpolpo, non sarebbe difficile dare 1500 € a tutti), quale dovrebbe essere la nostra vita secondo costituzione e secondo il più banale buon senso; Mi pare un principio di equità e sana uguaglianza che quando usciamo dal mondo della produzione per addentrarci in quello del meritato riposo, come si dice a Napoli, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce u' passato...
(Frugando in rete scopro che qualcuno - di cui condivido pochino l'orientamento politico - ci ha già pensato. Tanto meglio)
Due proposte di riforma che hanno forse un costo psicologico e culturale, ma che sul piano economico hanno costo zero, anzi incrementerebbero la ricchezza comune oltre a produrre un cambiamento rivoluzionario nello stile di vita di ognuno di noi.
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